Gli autistici : non arrivano a intendere quello che lei ha da dire loro, in quanto se ne occupa ![1]

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I bambini autistici al di fuori della norma, sì, perché sono fuori discorso. Non prendiamo qui la norma come media statistica ma come media fallica.

Un effetto del fuori discorso è quello di un’estraneità assoluta. Autistici ad alto funzionamento lo esplicitano. Jim Sinclair per esempio, un autistico diagnosticato con Sindrome di Asperger, lo ha scritto in un articolo[2]: …le persone affette da autismo sono “stranieri” in tutte le società. […] Lei sta cercando di intavolare una relazione da padre a figlio, utilizzando le sue conoscenze delle relazioni con ‘bambini normali’ […] Il bambino non risponde in una forma che lei riconosca come facente parte di questo sistema. Questo non significa che il bambino sia incapace di relazionarsi, significa che lei sta supponendo […] un sistema di conoscenze condiviso a cui il bambino non appartiene. E dà alcuni orientamenti, […] Lei deve rinunciare ai suoi preconcetti […] e dovrà iniziare a lasciare che suo figlio le insegni il suo linguaggio e la guidi. […] Il risultato, sebbene positivo, non sarà una relazione normale padre-figlio […] La forma nella quale ci relazioniamo è diversa. Viviamo pressati da ciò che le vostre aspettative dicono che è normale […] ma l’importante – dirà – è che “si può”.

Questa testimonianza mi evoca quello che Lacan rispondeva al Dottor Cramer nella conferenza a Ginevra: non intendono quello che dobbiamo dir loro nella misura in cui ci occupiamo di loro, dice Lacan. Tuttavia, allo stesso tempo segnala che senza dubbio c’è qualcosa da dir loro senza precisare che cosa, ed anche che dicono delle cose sebbene noi abbiamo difficoltà a intenderli e a dare la sua portata a ciò che dicono.

Se ci manteniamo aperti e rispettosi, possiamo scoprire che in questi comportamenti al di fuori della norma dell’interlocuzione – che attualmente si contabilizzano come puri deficit – c’è un funzionamento che ha la sua logica e se ne teniamo conto, questo può facilitare nel dir loro qualcosa che possano intendere.

Una volta che ho fatto una visita ambulatoriale con un medico, ho incontrato un bambino affetto da PCI (Paralisi Celebrale Infantile), deficienza mentale considerata profonda e comportamenti autistici molto marcati. In questo ambiente sconosciuto si trovava tranquillo, regolato dall’uso atipico di un oggetto, una radiolina che teneva appiccicata all’orecchio mentre con il dito faceva girare la manopola in una confusione di rumori, parole e frasi non soggette ad alcun senso apparente. Da un lato del tavolo, sua madre e il medico parlavano del suo caso e dall’altro lui, sulla sedia a rotelle, faceva il suo particolare trattamento del linguaggio con la radio[3]. Tuttavia, ho scoperto con sorpresa che in un momento in cui la madre ha detto qualcosa di particolare su di lui al medico, ha interrotto questa attività e ha girato la testa orientando l’orecchio verso il tavolo.

Due cose si possono apprendere da questa osservazione. La prima, la funzione regolatrice di questo oggetto comune di cui il soggetto fa un uso singolare, condensa il rumore e le frasi che il soggetto manipola con il dito e lo solleva dall’agitazione in eccesso che la cacofonia della Lalingua produce agitando il corpo di molti autistici gravi. Occorre dunque prendere in considerazione questi oggetti che hanno abilitato per regolare il loro stare e che possono essere l’indice di un’invenzione che ampli lo spazio comune.

La seconda, è come si faceva eco di alcune frasi o parole dette dall’altro su di lui ma nella misura in cui non si dirigevano a lui. Sospendeva dunque la sua attività assente e si orientava. Non tanto assente!

Essere sensibili ai pezzi di discorso, parole o frasi che in qualche modo li agganciano e a partire da lì, per dire qualcosa che possano intendere, poter fare qualcosa che permetta di iniziare una serie, è anche questa una maniera di ampliare lo spazio comune che permetta loro di sentirsi maggiormente implicati.

 

[1] Lacan J., “Conferenza sul sintomo” (1975), in La Psicoanalisi n° 2, Astrolabio, Roma, 1987, p. 11-34.

[2] Jim Sinclair , Don’t mourn for us 1993. Our Voice, de la Red de Autismo Internacional (Autism Network International), Volumen 1, Número 3, https://web.archive.org/web/20090123205011/http://web.syr.edu/%7Ejisincla/dontmourn.htm

Tradotto in spagnolo https://autismodiario.org/2013/01/25/tener-autismo-no-es-una-tragedia/

[3] Questo chissà possa illustrare ciò che dice Lacan nel testo menzionato: “[…] articolano molte cose e si tratta di vedere da dove intendono ciò che articolano”.

Traduzione di Laura Pacati

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