My Way 19 – Usi dello sguardo, fuori quadro!

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«Se mi nascondete mi spoglio», diceva Deborah de Robertis (1) alle guardie del Museo dʼOrsay che arrivavano a coprirla. Che cosa venivano a coprire, esattamente? Non il suo corpo, che lei, alla fine, aveva vestito, ma la sua parola, il suo voler dire. È attraverso il carattere fuori quadro della sua performance che Deborah de Robertis si mostra, per percuotere e far vacillare lʼAltro perfino nelle sue rappresentazioni.

In questo My Way, nel suo testo Produrre la forza attraverso la debolezza, Bruno de Halleaux ci presenta Ingrid von Wantoch Rekowski, che mette in scena lʼattore in modo che sia «più presente con il suo corpo che con le sue parole». Non si ha di mira lʼimpresa, ma «lʼinadeguatezza», un certo modo di «adattare la sua debolezza».

Nel suo testo, Un caso di isteria femminile nellʼepoca del parlessere, Caroline Doucet testimonia del suo fantasma di «essere picchiata dalla vita», che la conduce a non «farsi né vedere né sentire», fino alla «revoca del sintomo fondamentale» che lʼha condotta «verso il desiderio dellʼanalista».

Marie-Paz Rodriguez ci indica per quale motivo uscire dal quadro è anche «andare al di là del desiderio dellʼAltro».

Mathieu Cornillie, invece, condivide la testimonianza di un incontro del tutto contingente, che ha avuto luogo tra Damien Magnette, artista «regolare», Rudy Callant, Johan Geenens, Linh Pham, artisti «outsiders», autistici o portatori di handicap, e lo sguardo del pubblico.

Marc Segers mette in luce un fantasma «nel campo artistico», quello dellʼartista Chris Bruden, per il quale «spesso i limiti sono nellʼocchio dellʼosservatore».

Jacques-Alain Miller diceva: «Lʼarte comincia nel punto in cui ciò che non può essere detto, può essere mostrato. Può essere mostrato e anche esibito» (2).

Questo My Way dallʼaccento fuori quadro, tanto vale che ve lo dica, vi salterà agli occhi!

(1) Deborah de Robertis, Olympia, https://vimeo.com/153984661, 2016. (Photo-Edito)
(2) J.-A. Miller, Ce qui fait insigne. Corso del 6 mai 1987, inedito.

Traduzione di Marianna Matteoni

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